Scuola, Comune, Piccola Fraternità e Circolo Noi Dossobuono insieme per un servizio di sostegno agli alunni della primaria e secondaria di primo grado in situazione di disagio sociale. l’iniziativa è stata presentata al Centro Sociale.
«Si tratta dell’apertura di un piccolo Centro Aperto nei locali della Piccola Fraternità per dare una risposta a 13 ragazzi (8 medie e 5 primaria) con alle spalle una fragilità sociale molto ampia – spiega l’assessore Nicola Terilli -. L’obiettivo è creare uno spazio educativo sano nel quale gli alunni segnalati dall’IC di Dossobuono possano, oltre a svolgere i compiti, vivere anche un momento di aggregazione, di gioco e di integrazione, perché la famiglia non c’è. Deve crescere una cultura che i figli sono di tutta la comunità e non solo della famiglia. Vogliamo continuare a investire in questo ambito. Non vogliamo lasciare sola la scuola». La Piccola Fraternità ha messo a disposizione un educatore, in stretto contatto con la scuola. con tre volontari dalle 16 alle 18 di martedì, mercoledì e giovedì. Volontariato, Comune e scuola, dunque, lavorando in rete dimostrano di poter mettere in campo azioni efficaci.
«Sono alunni che hanno problematiche varie, dall’abbandono sl poco controllo, al disagio sociale – spiega l’insegnante Federica Di Legge -. Il doposcuola diventa un momento importante di confronto, di crescita personale, dove si impara a responsabilizzarsi un pochino. Anche se è solo un pomeriggio, hanno un approccio diverso allo studio, sanno di essere controllati. Dai consigli di classe sono stati segnalati i più bisognosi, ma ce ne sarebbero molti di più. Sono famiglie disagiate ma che ci tengono e accolgono positivamente questo servizio».
Stefano Manara sottolinea l’ambiente della Piccola Fraternità dove già vengono mandati i ragazzi quando combinano qualcosa a scuola e fanno dei lavoretti sociali che servono più delle punizioni: «Ci sono anziani e disabili e quindi già questo trasmette qualcosa ai ragazzini. L’obiettivo è portarli a frequentare anche i locali del centro giovanile Noi. Vogliamo coinvolgere più attori possibili della comunità oltre alle istituzioni. Durante l’anno vengono insegnati ai ragazzi anche i lavori di una volta con integrazione tra generazioni. C’è una riscoperta del territorio dove vivono».