Il riscontro di noduli alla tiroide è aumentato negli ultimi anni grazie alle nuove tecniche diagnostiche basta sull’imaging, che rileva anche quelli che sfuggono alle normali ecografie. Fino a 40/50 anni fa la diagnosi di noduli, benigni e maligni, a questa ghiandola endocrina che produce ormoni necessari alla vita, era basata sull’esame obiettivo che ne scopriva il 3/7%. Con le ecografie e imaging invece si è scoperto che noduli sono presenti nel 20/76% della popolazione, soprattutto anziani, donne e abitanti di zone dove l’alimentazione è carente di iodio.
Ciò ha portato scoprire molti tumori asintomatici, soprattutto microcarcinomi papillari. Il che ha portato ad un aumento notevole degli interventi chirurgici di asportazione. Ogni anno in Italia vengono eseguiti circa 40.000 interventi chirurgici di asportazione totale della tiroide. L’80% su donne.

C’è da dire che oggi la tendenza è di non operare le piccole lesioni anche se maligne e tenerle sotto osservazione. Però quando un paziente si sente diagnosticare il tumore preferisce ricorrere all’intervento, che nella quasi totalità è l’asportazione dell’intera ghiandola. Oggi però si può evitarla grazie all’ablazione della parte malata con radiofrequenze, microonde o ultrasuoni sotto il controllo ecografico. Questo rispetto all’asportazione totale o all’asportazione parziale ha il vantaggio di non avere cicatrici e di evitare al paziente di dover assumere gli ormoni tiroidei per bocca per tutta la vita.