La morte di Franco Frattini, Presidente del Consiglio di Stato in carica, già ministro degli Esteri e poi della Funzione Pubblica nonché Commissario europeo per la giustizia e la sicurezza ha colpito non solo per l’età della scomparsa, 65 anni, relativamente giovane, ma per il suo spessore e la sua serietà.

Maurizio Facincani, già sindaco di Villafranca dal 1995 al 2004, è uno dei veronesi che l’hanno conosciuto meglio e che della sua morte è rimasto particolarmente colpito per il rapporto d’amicizia che li legava.  Lo ricorda con parole raramente riservate a un politico: «Oltre che un fine giurista e politico di alto spessore, come sottolineato in queste ore anche dalle più alte Cariche dello Stato attuali e passate, lui era una persona intelligentissima, stimata da tutti, anche dagli avversari politici. Pur essendo arrivato ai massimi livelli in lui vi è sempre stata massima umiltà, non s’è mai dato delle arie.  E’ sempre stato gentile e disponibile. Tanti, quando arrivano in certe posizioni – sottolinea-  fanno fatica persino a risponderti al telefono. Ricordo le sue attenzioni in particolare ai “più fragili e ai più deboli” nei suoi ruoli istituzionali in particolare quanto ha fatto anche per i processi di pace nel mondo, nella lotta al terrorismo, per garantire un mondo più sicuro, provvedimenti a tutela del mondo dei minori e non solo. Sempre la massima attenzione per creare una cultura del rispetto verso il prossimo». 

Franco Frattini, al centro, fra monsignor Giuseppe Zenti e Maurizio Facincani

Il suo rapporto con Frattini risale a quando Facincani, fra il 2000 e il 2004, era Sindaco di Villafranca ed è stato Presidente dell’Anci Veneto e come coordinatore nazionale dei Presidenti Regionali Anci ha dovuto relazionarsi spesso con il governo, di cui Frattini era ministro. E’ così che è nata un’amicizia che non s’è più dissolta, basata sulla simpatia e sulla stima reciproca. 

«Nel 2003 – racconta Facincani- Frattini fu determinante per un’iniziativa che stavo portando avanti insieme agli Amici dell’Associazione Porta della Pace di Verona. Anche con l’aiuto dell’allora Capo del Governo Berlusconi e di suoi stretti collaboratori politici si crearono le condizioni diplomatiche tra Governi per l’invio della Porta della Pace a Betlemme.. L’Associazione Veronese Amici della Porta della Pace, su desiderio di Papa Giovanni Paolo II e del Vescovo di Verona di allora Flavio Carraro, dopo aver fatto fondere qui a Verona la Porta della Pace, un portale in bronzo destinato alla Basilica della Natività di Betlemme, si fece carico di realizzare un sogno caro al Pontefice ovvero di portare in Terra Santa un simbolo di dialogo tra popoli in un mondo che diceva ‘è assetato di Pace’. Il momento non era dei più facili – racconta l’ex sindaco di Villafranca- perché la situazione politica in Israele era incandescente. Anche grazie all’impegno e all’abilità diplomatica di Frattini si realizzò il progetto. Così il giorno di Natale del 2003 fu possibile collocare con cerimonia solenne alla presenza anche di molte autorità la Porta della Pace nella Basilica della Natività: un po’ di Verona da allora è presente in uno dei luoghi più sacri della cristianità».

«Però – continua nel suo racconto Facincani- d’accordo col Vescovo, feci in modo che il portale in bronzo partisse da Villafranca, dov’ero Sindaco, dopo essere stato esposto nel Duomo di Villafranca alla presenza di centinaia di fedeli e autorità presenti per la cerimonia di benedizione».

I rapporti personali continuarono anche quando Frattini non fu più ministro. «Nel 2017 lo invitai ad un convegno a S.Bernardino promosso e organizzato dall’illustre salesiano don Umberto Benini insieme al Vescovo di Verona di allora Mons Giuseppe Zenti, sull’enciclica Laudato si di papa Francesco: relatori con Frattini, il Vescovo Zenti, il cardinale Maradiaga, coordinatore all’epoca di tutti i cardinali del mondo, ed Enrico Letta. L’enciclica – ricorda Facincani- era di chiara impostazione ambientale e Frattini la trattò magistralmente dal punto di vista giuridico. La sua impostazione culturale era quella del magistrato, ma la sua cultura era davvero poliedrica. Pensi che parlava diverse lingue e quand’era ministro degli Esteri con la sua proverbiale delicatezza declinava spesso la collaborazione degli interpreti».
Alle recenti elezioni del Capo dello Stato s’era fatto il nome di Frattini anche come Presidente della Repubblica. Non si sapeva che dopo pochi mesi l’Italia avrebbe perso un uomo di così grande valore.