(bg) Al concetto di “filiera” caro al centrodestra (comune, regione, governo tutti di un identico colore politico e quindi facilità garantita di relazioni ed appoggi), Matteo Melotti contrappone quello di “rete” fra realtà contermini e chiama a conforto della sua tesi due fra i sindaci italiani più rappresentativi del momento: Damiano Tommasi di Verona e Mattia Palazzi di Mantova. Il primo ha appena otto mesi di fascia tricolore addosso e si confronta con le proteste per i lavori pubblici della filovia; il secondo ha otto anni di lavoro sulle spalle ed una riconferma col 71% dei voti una buona parte dei quali presi direttamente nel tascapane della destra dopo aver fatto lavori pubblici nei primi anni di mandato. Villafranca è, guarda caso, baricentrica rispetto a queste due realtà che assieme possono fare tante cose.

Chiamati ieri sera ad un evento elettorale per le prossime amministrative, i due sindaci non si sono tirati indietro mettendo sul tavolo un “patto di Villafranca” (il copyright è di Mario Puliero, direttore di TeleArena, che ha moderato l’incontro) che poggia su due, tre cose concrete, immediatamente inseribili in deliberati delle rispettive amministrazioni. Che magari non sono già documenti capaci di mettere a terra queste idee, ma che un loro peso politico ce l’hanno eccome.

Primo punto: rete ferroviaria Verona-Catullo-Villafranca-Mantova (e magari lago). Se ne parla da anni e rispetto alle ferrovie di Radetzky i treni su questa tratta vanno più veloci di soli sette minuti. Eppure in meno di mezz’ora Mantova e Verona possono essere raggiunte e gestire questa linea ha un costo annuo di appena 1,4 milioni €. Cosa vorrebbe dire questa tratta rivista e ammodernata? che veronesi e mantovani potrebbero farsi visita più spesso? forse, ma soprattutto che i turisti che affollano le due città potrebbero integrare le loro vacanze aggiungendo a basso costo e con tempi ridotti una nuova meta. Vorrebbe dire che i poli universitari delle due città potrebbero lavorare di più insieme a tutto vantaggio degli studenti. Vorrebbe dire relazioni economiche più strette. E, infine, che si potrebbe avere più forza nei confronti dell’Aeroporto Catullo dove Mantova non è più azionista, ma una rete ferroviaria di collegamento sarebbe la prova per i padroni veneziani della Save (il confronto stride: il masterplan del Marco Polo di Tessera cuba due miliardi di euro, il progetto Romeo per il Catullo appena 60 milioni...) che il territorio continua a credere in questa infrastruttura, che ci investe sopra, e di conseguenza pretende che non venga abbandonato.

Secondo punto: collaborazione culturale fra due città che vantano eccellenze riconosciute, il Festival della Letteratura e quello Areniano. «Perché non lavorare insieme – si chiede Mattia Palazzi – sull’offerta culturale, ma soprattutto perché non lavorare uniti sulla formazione delle nuove generazioni di artisti: nel mondo l’offerta delle due città, certificata da assolute eccellenze come Arena, Palazzo del Te e Palazzo Ducale, attirerebbero tantissimi talenti da tutto il mondo». Palazzi immagina anche un nuovo sviluppo slow, collegato ad esempio al cicloturismo, che unisca i due territori offrendo paesaggi, bellezze architettoniche ed artistiche, che potrebbero avere importanti ricadute economiche: «Ed è evidente che se faccio una pista ciclabile mica la posso fermare appena finisce Mantova o Verona: che senso avrebbe?»

Una liaison più stretta fra Verona e Mantova, fatta di atti di indirizzo e di azioni politiche concrete, aumenterebbe anche il peso specifico di due realtà ai margini delle rispettive Regioni seppur con numeri diversi: «Verona è da anni la provincia più popolosa del Veneto, abbiamo la chance degli Europei di calcio 2032 che vedono Verona scelta come sede in quanto intesa capitale di un intero Nordest; abbiamo la regione del Garda che attira milioni di turisti: abbiamo tutto tranne la nostra volontà di esercitare una leadership – chiosa Damiano Tommasi -. Preferiamo restare nel nostro orticello, preferiamo non esplorare quanto c’è fuori, non prenderci la responsabilità di tentare. Ma un asse lungo la direttrice del Brennero sì che potrebbe sparigliare questo modello».

E Villafranca? «I problemi ambientali, di una mobilità sostenibile non si fermano ai confini comunali – rimarca Melotti che, nell’occasione, si è visto affiancare dai colleghi di centrosinistra del territorio (Povegliano, Nogarole Rocca, Sommacampagna) e dai vertici provinciali del PD – è evidente che dobbiamo ragionare su una scala più ampia. Ma Villafranca avrebbe soltanto da guadagnarne: in termini di infrastrutture e di definitivo inserimento delle nostre eccellenze nell’offerta turistica più complessiva ed in quella economica: quanto crescerebbe l’appeal della nostra zona industriale se vi fosse un collegamento con una metropolitana di superficie che la colleghi con due poli produttivi più significativi?».

Per questo il programma di Matteo Melotti vede la realizzazione di un Ente che riunifichi, gestisca e coordini le tante offerte culturali pubbliche e private del territorio; l’avvio di un “Festival della pace” che riprendendo lo spirito dell’armistizio del 1859 riunisca i tanti attori dei conflitti e le anime del pacifismo internazionale per trovare nuove soluzioni alle crisi e, infine, la creazione di una struttura dedicata all’interno del Comune per dare la caccia ai tantissimi bandi che, con o senza PNRR, continueranno a rappresentare l’accesso ai nuovi finanziamenti per la pubblica amministrazione.