In Italia si sono 700 persone ad alta pericolosità sociale, autori di reato, a “piede libero” e altre 15 mila in libertà vigilata affidate ai Dipartimenti di Salute Mentale. La Società italiana di psichiatria, riunita a congresso a Cagliari, la considera una situazione insostenibile perché questi soggetti, anziché essere detenuti in carcere, ricadono sugli psichiatri per tutto ciò che riguarda la loro gestione.

Questa è la conseguenza della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, avvenuta nel 2014 e giustamente, viste le condizioni disumane in cui vi versavano coloro che vi erano detenuti. La legge li ha sostituiti con 

le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza ( Rems), che però non sono state dotate di risorse e personale sufficiente. Così la gestione dei pazienti oggetto di misure di sicurezza, che non possono stare in prigione, va a gravare sui Dipartimenti di Salute Mentale. Che però non possono né sostenerla né attuarla.
Questo fenomeno viene definito col termine di ‘psichiatrizzazione dei reati’.

Molti episodi di violenza, come l’assassinio della psichiatra Barbara Capovani, avvenuto a Pisa ad opera di un paziente pericoloso che doveva essere ricoverato in REMS, ne sono la conseguenza. E questo non deve succedere.

Gli psichiatri propongono quindi la riqualificazione delle Rems, che devono essere delle strutture sanitarie dove, per garantire la sicurezza degli operatori, dev’esserci la Polizia Penitenziaria.

Questa proposta, unita al potenziamento degli organici di tuti i servizio di salute mentale sarà presentata al Ministro della salute nei prossimi giorni.

Molto interessante, sempre a proposito del rapporto fra crimini e psichiatria la 

 proposta di legge di Alfredo Antoniozzi, di Fratelli d’Italia che distingue, per l’attribuzione della responsabilità dei reati, fra coloro che hanno un disturbo psichiatrico, ma che sono perfettamente consapevoli di quello Cher fanno, e coloro che hanno una percezione della realtà alterata e che sono da considerarsi “folli” e che quindi possono godere dell’ infermità o seminfermità mentale che, tra coloro che compiono un reato, sono un’assoluta minoranza.