Il carcinoma mammario nelle donne under 40, è in aumento dell’1%. Un dato che in termini assoluti non è preoccupante. Ma lo è se rapportato al calo demografico. Oltre a diventare un ostacolo alla natalità rappresenta che un problema per la medicina per garantire, oltre alla cura, la procreazione nonostante la malattia.

E’ quanto emerso ieri al convegno nazionale “Carcinoma della mammella, under 40”, organizzato alla Gran Guardia dalla Breast Unit, coordinata da Stefania Montemezzi, direttore Uoc Radiologia, con il comitato scientifico Aoui, composto da Francesca Pellini, direttore Uoc Chirugia senologica, da Michele Milella, direttore Uoc Oncologia, da Renzo Mazzarotto, direttore Uoc Radioterapia e da Aldo Scarpa direttore Uoc Anatomia patologica.

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Il Ssn non prevede screening mammografico per le donne giovani. Questo aumenta la probabilità che la diagnosi avvenga in una fase avanzata della malattia. Per affrontare questo aspetto, l’impegno di Aoui è monitorare le persone ad alto rischio, e cioè quelle con familiarità, cioè quando ci sono almeno 3 casi di carcinoma mammario fra i parenti. 

La Breast Unit ha un ambulatorio dedicato che con i chirurghi e il genetista stabilisce le modalità del test genetico per la presa in carico e la sorveglianza di queste donne, con la consulenza oncogenetica. 

Per le donne under 40 viene fatta una Risonanza magnetica e sopra i 35 anche una mammografia. Per i soggetti che non presentano alto rischio, l’ecografia è il sistema utilizzato per un controllo periodico.

La diagnosi nelle donne giovani non preclude a priori la possibilità di avere figli. 

Se una donna esprime il desiderio di una maternità dopo la malattia, si prelevano degli ovociti che vengono crioconservati per un successivo reimpianto. 

Se invece la diagnosi arriva in gravidanza, le nuove metodiche diagnostiche e terapeutiche permettono di procedere sia con l’intervento sia con le terapie, sempre in attività multidisciplinare in questo caso con gli specialisti Neonatologi. 

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Fra le innovazioni di cui la UOC Chirurgia Senologica è pioniera, c’è l’impiego del verde di indocianina con imaging in fluorescenza (ICG) per la mappatura preoperatoria del linfonodo sentinella. Una nuova applicazione con il verde indocianina come biomarcatore per identificare la vascolarizzazione tissutale post mastectomia grazie ad una microangiografia intraoperatoria. 

Mutui, adozioni o carriere dopo la guarigione da un tumore non sono così facili da ottenere in Italia. Nemmeno per chi è stato dichiarato clinicamente guarito. Ecco perché serve una legge, come richiede l’Unione europea e come è già avvenuto in altri stati sull’oblio oncologico.

La proposta di legge, approvata alla Camera, e che adesso verrà discussa in Senato, prevede che, dopo 10 anni dall’ultimo trattamento medico e senza recidive (5 anni per chi si è ammalato prima dei 21 anni), alle persone non venga più chiesto nelle dichiarazioni sullo stato di salute di menzionare la malattia da cui si è tecnicamente guariti.

Queste dichiarazioni sono richieste dai servizi bancari, finanziari e assicurativi, ma anche nelle pratiche di adozione. L’estensione dell’oblio oncologico anche alle adozioni e nei concorsi pubblici o nelle selezioni private è un ampliamento che metterebbe il Parlamento italiano all’avanguardia in Europa.